| Io su questa ff non voglio dire nulla, quindi nessuna intro. Dico solo che probabilmente non sarà una One-Shoot, non sarà un solo capitolo, ma forse sarà una Long Fic a più capitoli, dipende dalla mia ispirazione *O* Il titolo è piovuto dal cielo..Un mio carissimo amico (lo stesso a cui devo il mio attuale nick su forumcommunity) stamattina di buon ora mi ha contattata, scrivendo "Lover's Revenge"...In genere spesso ci divetiamo a scrivere pezzi di canzoni, ritornelli e quant'altro per contattarci. Quelle due paroline, che fanno parte della canzone Bad Romance, sono arrivate proprio quando avevo appena finito di scrivere questa cosa. Ma le ho corrette, e ho deciso che il titolo sarà "Love's Revenge", decisamente perfetto. La vendetta dell'amore. Dimenticavo XDD Voglio dedicare questa ff ad una persona..Non prendetela a male, sapete chi di voi è nel mio cuore sul serio..Quindi non c'è bisogno che ve lo ripeta XDD Voglio dedicare questo capitolo ad Ale..Ovvero la nostra Lily. Perchè è ritornata, e perchè l'ho aspettata per tanto tempo e mi è mancata tantissimo. Visto che, si, è strano fare amicizia (l'amicizia seria eh, non quella tanto per) nel web, ma a me è capitato, e spero e credo non solo con una persona, ma almeno con tre o quattro, voglio dedicare questo capitolo ad una delle mie VERE amiche, perchè anche se non ci sono accanto a lei, le voglio essere vicina in un modo o nell'altro, anche attraverso uno schermo.
Love's Revenge Le luce del sole filtrava attraverso le veneziane, insistente. Un raggio di sole illuminò, mano a mano, prima il mento, poi le labbra, ed infine gli occhi di Blair che, disturbati, si aprirono lentamente. Non trovava confortevole dormire nella sua stanza della NY University, ovviamente non era nemmeno lontanamente paragonabile alla camera che aveva a Casa Waldorf, sulla Fifth Avenue. Non solo provava un certo disgusto per quegli ambienti così scarni, vuoti, freddi quali solo dei dormitori di un college potevano essere, ma dividere la sua camera con Georgina Sparks costituiva sicuramente il fattore più negativo di tutta quella faccenda. Senza contare la perpetua indifferenza con cui tutti la trattavano, e alla quale lei non era abituata. Era Blair Waldorf, non una qualunque. Non sarebbe mai stata una qualunque, e i tentativi disdicevoli di Georgina di annientarla socialmente non sarebbero andati a buon fine.
La guerra era aperta, però la battaglia era in parte persa, almeno per il momento. Era proprio per quel motivo che si era decisa ad andare alla festa della sera precedente con Dan Humphrey: per quanto umiliante fosse, era comunque un modo per risorgere dalle proprie ceneri. Si mosse lentamente nel suo letto, a fatica, e con gli occhi ancora semichiusi. Si sentiva più castigata del solito, come se qualcosa ostacolasse i suoi lenti movimenti, tipici del dormiveglia. Fu solo quando una mano prese la sua che Blair riuscì a trovare pace, confortata da quell’ignoto contatto umano, e si assopì nuovamente, del tutto incosciente. Piombò dunque in un sonno pacifico, ma leggero, poiché continuamente disturbato dalla luce del sole che oramai era visibile e insistente. Sognò. Sognò un bacio dolce, lento, a fior di labbra. Le vennero i brividi nel sonno, per quanto quel bacio sembrasse reale. Era davvero una strana sensazione: non era come i soliti baci di Chuck, oramai a lei così familiari. Era invece un bacio insicuro, timido, come una rosa che sta per sbocciare, ma che forse non è ancora pronta.
E soprattutto, lo aveva dato lei. Lei si era sporta in avanti, con un sorriso, sempre lei aveva posizionato le mani sul petto di lui e, alzandosi sulle punte, aveva sfiorato quelle labbra, scoppiando poi a ridere. La sua mano, nel sogno, accarezzò quel volto. Non riusciva ancora bene a distinguerlo, ma mano a mano che lo accarezzava, i lineamenti del ragazzo prendevano forma. Le labbra rosee, chiare e sottili. La forma ovale del viso, gli occhi neri e penetranti. I capelli altrettanto neri, come la pece, e..Ricci. Sbarrò gli occhi. Come una furia, si voltò verso il corpo seminudo che le giaceva accanto. E urlò.
Urlò fortissimo, quasi fino a sentire la gola far male per il troppo sforzo. Si mise a sedere, lasciando che il lenzuolo ricadesse sul letto, e scoprendo il corpo nudo, se non per il completino intimo. Era troppo sconvolta per poter reagire e coprirsi. Osservava con occhi sgranati la persona che le era accanto, nuda anch’essa, se non per i boxer che gli fasciavano i glutei e i genitali maschili. Dan Humphrey aprì gli occhi, controvoglia, interrompendo il suo sonno, oramai sfumato a causa di quell’urlo ignoto e assordante che era stato emesso da un essere indemoniato, almeno nei suoi pensieri. Passò una mano tra i capelli, ad occhi chiusi, contorcendosi nel letto. “Mmm..Che succede?” chiese, senza nemmeno sapere con chi dovesse interloquire. La sua mano sinistra era saldamente imprigionata tra le dita di un’altra persona, ma parve non farci caso, per quanto la sensazione gli sembrasse familiare. Non ci fu risposta alla sua domanda. Stranito, aprì gli occhi. La prima cosa che vide, fu il torace candido e minuto di una ragazza. Ma non gli parve quello di Georgina, anzi. Era stranamente esile, bianco, costellato qua e là di piccole lentiggini minuscole e da qualche neo. Il seno, imprigionato in un reggiseno verde smeraldo, di raso, era piccolo ma non per questo poco attraente.
“Pervertito!” la voce urlò ancora, dandogli una botta sulla testa, con la mano libera. Indispettito, Dan alzò lo sguardo. Non solo questa ragazza dormiva nel suo letto, oltretutto lo biasimava perché lui avesse soffermato lo sguardo sul suo seno? A quanto gli risultava, non aveva stuprato nessuno, sebbene la sera precedente avesse bevuto parecchio. Il suo sguardo incontrò due occhi grandi e scuri, sconvolti. Mai però quanto lo furono quelli di Dan quando riconobbe la persona che aveva accanto. Blair Waldorf emise un gemito di disappunto. Era in preda ad una crisi d’assenza, era così sconvolta che aveva deciso di estraniarsi da quello che la circondava, compreso Daniel Humphrey. “Cosa…Cosa è successo?” si limitò a biascicare Dan, mettendosi anche lui a sedere. I loro volti erano adesso vicinissimi, e si poteva chiaramente leggere la disperazione in entrambi. “Questo non è accaduto” sussurrò Blair, a mezza voce “Non è successo, non può essere successo” ripetè, più per convincere sé stessa che per altro. “Vero che non è successo?” chiese, supplice, a Dan. “Mi dispiace deluderti, ma si, è successo” disse il ragazzo, ancora troppo stordito per poter capire cosa fosse giusto dire a Blair in quel momento. E in quell’istante in cui i suoi occhi incrociarono nuovamente quelli di Blair, allora ricordò tutto. La sera precedente, alla festa, aveva acconsentito a portare anche Blair. L’aveva poi vilmente abbandonata a sé stessa, lasciandola da sola, emarginata, desideroso di farla sentire proprio come lui si era sentito per lungo tempo, nell’Upper East Side. E poi, si, si era divertito, con Georgina, perdendo di vista Blair.
Tutto questo fino a quando la vide che lo guardava, con aria delusa, malinconica, mentre andava via da quella terrazza, da quella festa, da quelle persone che l’avevano rifiutata. E lei era Blair Waldorf, non veniva mai rifiutata da nessuno. Era questa la sua forza, ciò che le aveva sempre dato sicurezza, da quando Serena era andata via, tre anni prima. Tutti l’amavano, la temevano, la rispettavano. Lei era diventata la regina dell’Upper East Side, aveva creato una gerarchia, un mondo a parte a cui tutti gli studenti della Costance Billard e del St.Jude dovevano attenersi. E adesso, di tutto quel regno, era rimasta solo la polvere. E il mondo reale incombeva su di lei mostruosamente, distruggendo la sua vita da film poco a poco. L’unico legame che le era rimasto con quel mondo, quel mondo perfetto, era Chuck. Chuck Bass. Non un semplice principe azzurro, ma l’emblema della grandezza di Blair Waldorf. Lei lo aveva fatto cambiare, lei lo aveva reso l’uomo che era, lei era riuscita a rubargli il cuore.
Ma quella notte, anche quel legame con il mondo fiabesco che Blair tanto adorava, si era spezzato. La realtà l’aveva travolta, e lei aveva tradito Chuck Bass. Dan però non poteva capire tutto questo: lui era sempre stato concreto, e la realtà era sempre stata il suo mondo. Non poteva dunque comprendere il crollo emotivo di Blair, così come lei non poteva capire lui. Il suo buon cuore, quella sera, lo aveva spinto a seguire Blair. Dopotutto, le aveva promesso implicitamente che sarebbe stata la sua spalla, la sua possibilità. Blair gliel’aveva chiesta, su quelle scale, prima di entrare, la sua seconda possibilità. La possibilità di rimediare, e di addentrarsi nella realtà pian piano, senza traumi. E lui glielo aveva concesso, recidendo uno degli ultimi legami con il mondo da favola dell’Upper East Side, togliendo dalla testa di Blair quel cerchietto che era sempre stato il simbolo della sua grandezza. L’aveva fatta diventare piccola, rispetto a lui. E lei lo aveva accettato, forse controvoglia, ma l’aveva accettato. Lui invece, l’aveva lasciata sola. Diceva tanto di essere diverso da Blair, ma in fondo forse, questa differenza non era così abissale. Preso dai sensi di colpa, l’aveva seguita.
E l’aveva trovata su quelle stesse scale, seduta, con la testa tra le mani, e in grembo quello stesso cerchietto che lui aveva gettato per terra nemmeno due ore prima. Certo, avevano bevuto entrambi, uno preso dall’euforia e l’altra presa dalla disperazione, e quindi quel confronto sulle scale era stato piuttosto evanescente. Dan chiuse gli occhi, provando a ricordare ancora cosa fosse accaduto dopo. Provò a ricordare quel primo bacio che c’era stato tra loro, ma non ci riuscì. Ogni qual volta gli riaffioravano alla mente le labbra di Blair sulle sue, sentiva il petto gonfiarsi fino all’inverosimile, il suo corpo che rifiutava anche solo il ricordo di quello che era avvenuto tra loro che, detto onestamente, non ha poi bisogno di tante parole. “Devi andare via” disse Blair, proferendo finalmente qualcosa di sensato, e coprendosi con il lenzuolo, e scomprendo di rimando lui. “Devi andare via adesso” il tono di voce era leggermente isterico. “Blair..” Dan, il più razionale tra i due, provò a farla ragionare. Non sapeva nemmeno su cosa dovessero ragionare in effetti, ma qualcosa dovevano pure dire. La ragazza gli girò le spalle. “Blair, ascoltami..” disse ancora, questa volta più serio e lucido, mettendole una mano sulla spalla.
Non appena la ragazza sentì le dita di lui sulla sua spalla, sussultò. “VATTENE!” la voce era quasi rotta dal pianto. Blair sentiva la necessità di sfogarsi piangendo, ma non voleva farlo di fronte a Dan. In tutta risposta, Dan si alzò e si rivestì, in silenzio, con aria torva. Cosa credeva Blair Waldorf, che era l’unica ad avere problemi riguardo al fatto che avevano fatto sesso? Anche Dan aveva una ragazza e, sebbene il suo problema non fosse sinceramente Georgina, comunque sotto quel punto di vista erano pari. Lanciò uno sguardo al letto vuoto di Georgina. Chissà che fine aveva fatto, probabilmente per non tornare a dormire, Dan doveva averle detto qualcosa di davvero brutto, anche se non lo ricordava di preciso. Indubbiamente però dovevano aver discusso. Georgina non era stupida, e sicuramente aveva capito che Dan si era sentito in colpa per Blair e per quel motivo voleva andare via dalla festa. Fortunatamente non era ritornata a dormire però, altrimenti quello sì che sarebbe stato un grosso guaio. Blair lanciò un’occhiata verso Dan, che si stava rivestendo, con su il solito cipiglio imbronciato che metteva quando le cose non gli stavano bene. Erano due anni che lo conosceva ed era riuscita a capire qualcosa di lui. Paradossalmente in alcuni momenti erano stati più intimi di quanto lei non lo fosse mai stata con le sue amiche, apparte Serena. Nemmeno con Chuck aveva mai parlato dei problemi con sua madre, mentre con Dan se ne era creata l’occasione, tempo addietro, quando sua madre decise di non farle fare la modella per la sua nuova collezione. Si sentiva legata a Dan da qualcosa, una sorta di affinità di destini, sotto certi punti di vista, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Lui era Dan Humprey, lo sfigato, quello che abitava a Brooklyn, il bohemien, il traditore, l’ex della sua migliore amica, nonché il suo primo grande amore. Le venne una fitta al cuore, pensando a Serena. Cosa le avrebbe detto? Non poteva rivelarle nulla, oltretutto il dubbio di essere giudicata da lei era troppo forte. E Blair odiava essere giudicata dagli altri. Accettava malvolentieri le critiche, ed era anche per questo che non aveva mai sopportato Dan.
Lui era la sua critica vivente, con un solo sguardo riusciva a biasimarla per quello che era, e riusciva a far uscire il peggio di lei. Dan allacciò le scarpe, e si passò una mano tra i capelli, prima di tornare a guardare Blair. “Io vado” disse, semplicemente. “Cancella quello che è successo stanotte” “Ovvio” “E se lo rivelerai a qualcuno..” Blair si voltò finalmente verso di lui, e lo fissò intensamente “..Giuro che ti rovinerò l’esistenza, Humphrey” “Waldorf, credi davvero che voglia rivelare a qualcuno quello che è successo stanotte?” chiese il ragazzo, ironico. Sarebbe stata una vergogna troppo grande. Non avrebbe mai potuto rivelare nulla a Vanessa, che sicuramente lo avrebbe criticato più di quanto non facesse già per via del suo cambiamento radicale. E l’unico amico vero che forse aveva era Nate, ma ahimè, anche lui era da escludere come confidente in quel caso, perché era molto vicino a Chuck, e non voleva metterlo in condizione di scegliere tra l’amicizia con lui e quella con Bass. Blair, ferita in parte da quelle parole, rispose a tono “Pensa un po’, io vorrei che non fosse mai accaduto”. “Non sei l’unica” ribadì, acido, Dan. Non aveva mai voluto accettare il fatto che in quell’estate fosse cambiato, ma si rese improvvisamente conto che se si era ridotto ad andare a letto con Blair Waldorf, forse Vanessa non aveva tutti i torti. Aveva, con quel gesto, rinnegato tutti i suoi ideali, di cui era andato sempre fiero, aveva rinunciato alla sua persona, quella di prima, al Dan Humphrey sognatore, che credeva ancora nella giustizia e nell’umiltà. Dove era finita quella persona? Si abbassò, e raccolse l’involucro di un preservativo che si trovava ai piedi del letto. Lo mostrò a Blair, come per farle capire che, se i due potevano sperare ancora che non fosse successo niente, quella era la prova vivente del fatto che qualcosa era successo. Lo gettò nel cestino e uscì dalla camera, senza dire più nulla, lasciando Blair alla sua disperazione, e nascondendo la sua.
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